2.12.2020 – L’appena conclusa 21ª edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce ha rivelato il talento, visivo e contenutistico, del giovane cineasta barese Leonardo dell’Olio, autore insieme a Gianluca Perrino del cortometraggio “Dentro il mare”.

Un film di singolare intensità che sovverte i cliché narrativi del contemporaneo in favore di un linguaggio sublimato e rarefatto che parla all’anima dell’animo umano e del suo spettro emozionale. Un’opera complessa che ridonda di silenzi e realizza di fatto una sorprendente crasi fra le sensibilità diversissime dei suoi autori e l’imponente portato artistico del compianto attore tarantino Ettore Toscano che nel film interpreta il nonno del protagonista.

In occasione della presentazione del film nella sezione competitiva Puglia Show,  Puglia Eccellente ha incontrato gli autori, al loro esordio nel cinema più compiutamente formato, ed ha potuto rivolgere loro qualche domanda per approfondire alcuni aspetti di questo interessante progetto e carpirne così i suoi segreti. 

Dentro il mare è un film in cui il silenzio diviene materia altisonante e primo vivissimo protagonista. Senza svelare troppo di ciò che vedremo qual’è la ragione di questa audace scelta artistica?

Leonardo: Il silenzio è necessario per dare rilievo alle azioni dei personaggi, in modo da poter esprimere i loro conflitti interiori. Le parole non riescono a dare senso al profondo disagio che i personaggi vivono, perché nella condizione di dolore che pervade l’opera gli strumenti verbali a loro disposizione sono inadeguati. Mario è alla ricerca del significato del suo passato, sembra aver perso ogni aggancio con la realtà, ed è per questo che le parole non funzionano più. C’è qualcosa che va oltre la comunicazione ordinaria, è un sentimento umano che emerge dal percorso comune ai due protagonisti, un percorso che va dalla presa di coscienza della perdita alla volontà di avere fiducia l’uno dell’altro.

(Il mio approccio nella messa in scena è stato influenzato sicuramente dalla mia formazione da musicista. Nella musica infatti molto rilievo hanno gli stati d’animo espressi attraverso le variazioni di sonorità e il cambiamento dei ritmi. Tale metodo accomuna il linguaggio cinematografico a quello musicale. Infatti il mio obiettivo fin da principio era quello di non rendere evidenti i contenuti del film alla prima visione, ma ho puntato a dare la possibilità allo spettatore di poter entrare nel vivo della vicenda consentendogli di giungere a riflessioni personali).

Gianluca: E’ vero, il silenzio è uno dei grandi protagonisti del film e accompagna Mario e suo nonno per tutto l’arco della storia. Scrivendo il film mi sembrava giusto inquadrare la vicenda in un ambiente preciso, come la costa alle porte della mia città, lasciando la parola allo straordinario paesaggio di Giovinazzo. Abbiamo sceneggiato il film pensando in termini di linguaggio cinematografico, ragionando su come trasporre la sofferenza del protagonista in immagini e ciò che ne è il risultato è stato il contrasto tra i silenzi della stanza del ragazzo e il rumore del mare.

Il mare è sin dal titolo un elemento imprescindibile del film, è più un ponte fra memoria e presente o un pretesto narrativo per dare forma alla dimensione immaginifica del protagonista ?

Leonardo: Il mare nella vicenda personale e nei ricordi di Mario è un luogo della memoria ma ha altresì un significato universale. Esso richiama infatti, a livello inconscio, le radici dell’uomo, il suo rapporto con la maternità e con la nascita. E’ grazie a questo elemento che il protagonista recupera in forma quasi psico-analitica il valore del proprio vissuto e della propria infanzia. La distesa marina è un luogo dell’anima che può incutere timore per la sua vastità e per la sensazione di spaesamento che provoca, e può al tempo stesso rassicurare.

A livello simbolico, il mare è estremamente vicino alla vita di ciascun individuo per i moti che lo caratterizzano, i quali rievocano degli stati d’animo legati alle esperienze cruciali della nostra esistenza. In questo senso esso rappresenta la manifestazione di ciò che prova il protagonista. Il mare è un luogo in cui Mario si immerge fisicamente e metaforicamente per comprendere la sua chiusura alla realtà e la necessità di superare i propri blocchi psicologici.

Ascoltare il mare equivale ad ascoltare se stessi, ma spesso per ascoltare il mare bisogna fare silenzio ed iniziare a comprendere il valore della riflessione e dell’attesa. Un’attesa che consentirà al protagonista di far ritorno alle proprie memorie attraverso il recupero della sua vita e dei suoi affetti.

Gianluca: Il personaggio al centro del cortometraggio conserva molti ricordi legati al mare. In un certo senso il mare è sia un paesaggio interno che esterno al protagonista. La vicenda si svolge tanto fuori quanto dentro Mario e quindi dentro e fuori dal mare.

Guardando il film si resta piacevolmente stupefatti dal lungo e poetico piano sequenza finale con annesso salto temporale. Una scelta senza dubbio coraggiosa che richiama alla mente il cinema dei grandi maestri. Perché proprio il piano sequenza? È stato semplice realizzarlo?

Leonardo: Il piano sequenza è scaturito dalla natura della storia e dal sentimento che essa veicola. C’era l’intento di far entrare il passato nella vita reale del protagonista, poiché i ricordi costituiscono per lui un ostacolo insostenibile, ma essi gli faranno anche prendere consapevolezza di come non si possa vivere senza memorie. Il piano sequenza consente di far rivivere a Mario – e in maniera partecipata al pubblico – la connessione che c’è tra il protagonista e la persona a lui più cara, e questo gli permetterà di comprendere il valore di alcuni momenti eterni del suo vissuto. La scelta di un’inquadratura unica consente quindi di poter avere una sintesi degli elementi che caratterizzano l’opera come il valore dell’attesa, dei ricordi e del paesaggio che assume significato di luogo interiore.

Ho deciso di mantenere volutamente uno sguardo attento ai paesaggi, oltre che ai personaggi, dando molto peso ad inquadrature larghe che potessero far emergere l’importanza della vastità del mare e della natura selvaggia e silenziosa dei luoghi, che richiama appunto lo stato emotivo in cui si trova il protagonista.

Data la durata del piano sequenza (di cinque minuti), esso ha richiesto uno sforzo produttivo importante. Non è stato semplice coordinare gli attori e i tecnici in movimenti che richiedevano un’estrema precisione e sincronismo. Inoltre non potevo essere fisicamente presente sul set perché per esigenze tecniche erano ammessi sulla location solo il reparto di fotografia ed il fonico. Abbiamo realizzato diverse prove ma la scena, grazie a Michele – l’attore protagonista che aveva un’unica possibilità di immergersi in acqua in quanto non sarebbe stato possibile ripetere la scena – è riuscita con un solo take. La chiusura della scena è stato un istante di grande entusiasmo collettivo ed ha costituito sicuramente il momento di maggiore rilievo della produzione del corto.

Gianluca: L’idea del piano-sequenza nasce insieme al cortometraggio. Era già presente in Leonardo la volontà di utilizzare questo strumento per raccontare una storia che parlasse di ricordi, anche se inizialmente non era così centrale all’interno del film. Nel lavoro di riscrittura siamo giunti a dare maggior peso alla risoluzione del film attraverso una ripresa lunga che unisse momenti diversi della vita del protagonista. Questa ricerca stilistica era fondamentale già prima, nel percorso narrativo che ha preceduto il set, ma a Leonardo, Michele e ai membri della troupe va il merito di essere riusciti a trasporre l’idea dalla carta alle immagini.

Dentro il mare si avvale della straordinaria partecipazione del compianto Ettore Toscano, una figura imprescindibile per il teatro italiano. Com’è stato il vostro incontro con il Maestro ed in che modo questa unione tra diverse generazioni di artisti ha influito sulla realizzazione del film? Cosa porterete con voi di questa esperienza?

Leonardo: Con Ettore si è creato sin dal primo incontro un rapporto di grande sintonia e stima reciproca per via del nostro comune interesse per la poesia. Credo abbia accettato di prendere parte al film e di darci fiducia perché ha colto fin da subito la nostra grande determinazione nonché la volontà di proporre un lavoro lirico e personale.

Sul set di ‘Dentro il mare’ Ettore ha lavorato in modo instancabile e ancora prima delle riprese ha stretto un forte legame con alcuni membri della troupe, seguendo scrupolosamente Michele a partire dalle prove. Il suo metodo consisteva nel dare grande valore alla ricerca dell’espressione e dei gesti, proponendomi delle intuizioni estremamente acute sulla sua performance e su quella degli altri interpreti coinvolti. E mi ha chiesto a più riprese durante la lavorazione se fossi soddisfatto delle interpretazioni degli attori.

Ettore ci ha sempre detto che ha deciso di partecipare alla lavorazione del film, solo perché ne era fermamente convinto. Difatti ci ha spiegato che nella sua carriera ha lavorato soltanto in progetti verso i quali sentiva una radicale appartenenza e proposti da professionisti di cui aveva profonda stima. Questo suo approccio estremamente critico e mai compiacente emergeva anche nei discorsi che frequentemente facevamo sull’arte, sulla poesia e sulla letteratura. Lui mi spingeva a credere nelle mie possibilità e nel valore dei contenuti che proponevo, ed eravamo entrambi convinti che questo nostro profondo rapporto di amicizia non sarebbe mai venuto meno. Ci parlava spesso delle sue esperienze teatrali e cinematografiche e del suo rapporto con i grandi della cultura italiana: Carmelo Bene, Pier Paolo Pasolini, Salvo Randone e tanti altri. Nei suoi discorsi citava spesso il suo maestro ed intimo amico Orazio Costa descrivendolo come un uomo di spettacolo attento alle dinamiche tra attori e alle relazioni che questi stabilivano sul palcoscenico. Ascoltavamo con attenzione ogni sua singola parola considerandolo il nostro maestro. Lui amava dire spesso che c’era bisogno di uomini istruiti e con una grande esperienza che potessero formare dei giovani con serietà, consentendogli di far emergere la loro sensibilità. Sono consapevole che Ettore abbia voluto renderci in dono l’eredità umana e lavorativa dei suoi grandi maestri, per consentirle di avere ancora voce in futuro, e di questo gliene saremo sempre grati.

Gianluca: Quando ci siamo incontrati, Ettore aveva una grande voglia di tornare sul set. Tuttavia il maestro ci ha confessato di aver declinato alcune apparizioni in film più blasonati perché erano lontani dalla sua sensibilità. Dopo un primo inevitabile momento di disagio Ettore ci ha spinto ben presto a mettere da parte le lusinghe, evitando titoli come quello di Maestro. In scena ci ha colpito il suo grande impegno e la sua intensità, ed è stato emozionante vederlo infondere un po’ della sua personalità anche in un piccolo ruolo come quello di Carlo.

Dopo il film abbiamo pensato di omaggiare la sua lunga carriera ripercorrendo insieme a lui le tappe più salienti in un evento al Cineporto di Bari.

Toscano non amava le celebrazioni, ma quel giorno abbiamo notato in lui una nota di commozione. Inoltre – a dispetto di un carattere apparentemente schivo – l’attore si è dimostrato essere un uomo appassionato ed esigente che non amava il compromesso, nell’arte come nella vita. Da lui abbiamo appreso come rigore professionale e gentilezza d’animo debbano andare di pari passo. Il set di ‘Dentro il mare’ è stato l’inizio di una bella amicizia, un prezioso ricordo che porteremo con noi per sempre.

Dal nostro incontro emerge dunque non solo la complessità di un progetto, Dentro il mare, che è un punto di congiunzione fra poetiche distanti e splendidamente complementari ma anche e soprattutto un mirabile esempio di piena collaborazione artistica dal meccanismo ineccepibile che si perfeziona attraverso la nascita di un unicum del tutto nuovo ed inatteso negli esiti persino dai suoi stessi autori. Proprio questo affascinante ed eufonico gioco di innesti estetici e sostanziali ci ha spinto un pò per celia ed un pò per curiosità ad approfondire il rapporto che lega all’opera i suoi due creatori così abbiamo proposto loro di porsi vicendevolmente dei quesiti sul film che hanno faticosamente e finalmente presentato. Il risultato è un meraviglioso dialogo di verità che con sincera e accorata reciprocità disvela senza filtri un percorso di cooperazione ed amicizia in nome dell’arte e della cultura. 

Leonardo cosa ti ha spinto a modificare la sceneggiatura e a coinvolgermi nel progetto?

Il film nasce da un’idea abbastanza diversa da quella che poi è la forma finale di ‘Dentro il mare’. Ci ho messo un po’ di tempo per arrivare ad una soluzione narrativa che sentissi vicina. La storia in un primo momento aveva un titolo diverso ed era una storia familiare nella quale il lutto veniva affrontato da una prospettiva del tutto differente nel senso che il protagonista esternava uno stato d’animo che invece in ‘Dentro il mare’ tende a celare. C’è stato un momento che mi ha permesso di cambiare il modo in cui sviluppavo la storia. E’ stato il pitching al Maia Workshop di Lecce, durante il quale alcuni giovani produttori che operano a livello nazionale e internazionale mi hanno dato preziosi consigli invitandomi a semplificare e sintetizzare la vicenda. E’ stato allora che ne abbiamo parlato e abbiamo riscritto il plot del film – che è diventato poi ‘Dentro il mare’ – facendo più attenzione alle atmosfere e alle azioni che ai dialoghi.

Fino all’ultimo momento non ero certo della riuscita del progetto perché il film richiedeva un certo sforzo produttivo a causa della complessità del linguaggio che ho scelto per la mia opera. Inoltre, quando siamo riusciti ad allestire le riprese del film, ero consapevole che non avrei avuto il budget necessario per completare la fase di post-produzione e tanto meno quella di distribuzione dell’opera. Per poter completare il film abbiamo quindi deciso di avviare una campagna di crowdfunding.

Leonardo Dentro il mare nasce da un’idea abbastanza diversa dalla forma definitiva del cortometraggio. Puoi spiegare come si sia passati ad una riscrittura nella quale il protagonista non esterna mai il proprio stato tormentato? Quali sono le esigenze narrative che hai voluto inserire nel film? Credi ci fossero altri elementi a cui si sarebbe potuto dare maggior risalto?

L’idea del film riguardava fin dagli esordi la reazione del protagonista, Mario, ad un evento doloroso. Tuttavia quando mi hai chiesto di prendere parte al progetto la sceneggiatura era troppo lunga e il tema non era ancora del tutto a fuoco. Ricordo che ci fosse già un’idea dei personaggi principali (Mario e Carlo), e una precisa volontà di raccontare questa storia unendo passato e presente nella stessa inquadratura. Quando sono subentrato nella riscrittura di quello che poi è diventato ‘Dentro il mare’ l’intento è stato prima di tutto quello di svuotare il film dalle parole lavorando sulle atmosfere. Abbiamo utilizzato il fermaglio – che fino ad allora era un elemento secondario – per suggerire qualcosa allo spettatore riguardo l’ossessione di Mario per il proprio passato. Inoltre si è ragionato molto su come dare al paesaggio voce propria per descrivere la condizione del protagonista – non solo la costa rocciosa di Giovinazzo, ma anche il molo con il mare in tempesta per la sequenza onirica. Infine si può dire che il piano-sequenza finale sia frutto della commistione tra le tue esigenze narrative e alcune mie sollecitazioni a livello visivo.

Purtroppo non abbiamo avuto il tempo di riscrivere la storia perché eravamo già in pre-produzione, con i casting e il location scouting alle porte. Probabilmente al film avrebbe giovato dare maggiore risalto al personaggio di Ettore Toscano (Carlo), ad esempio attraverso un incontro tra nonno e nipote sulla spiaggia che sarebbe risultato molto suggestivo. Però bisogna tenere presente alcuni aspetti che hanno caratterizzato la lavorazione del film: primo tra tutti la durata, poi il budget, e infine la predilezione, a livello stilistico, di inquadrature lunghe che mal si conciliano con una pluralità di scene (e quindi con tagli troppo frequenti).

Ci si è preoccupati insomma attraverso uno stile minimalista di descrivere i moti dell’animo di Mario in un momento di grave difficoltà, ma anche il suo desiderio di catarsi.

Leonardo come hai scelto il tema del film? C’è qualcosa di preciso che volevi comunicare come un’idea, uno stato d’animo, o una sensazione?

Il tema del film è di fondamentale importanza per me perché mi lega a delle letture che sono state indispensabili per la mia formazione come la poetessa Amelia Rosselli, nelle cui liriche si evince un’attenzione particolare per la sfera onirica e per la memoria. Il protagonista del mio film vive una condizione di spaesamento e di distacco dal mondo perché, dopo una grave perdita, ormai si sente estraneo da tutto e incapace di andare avanti. Ma nel film non si parla soltanto di lutto e distacco dal mondo, si parla anche di crescita e di maturazione. Credo che la vicenda di Mario dimostri come la vita vada costruita giorno per giorno, sulla base di relazioni personali significative che non sono destinate a perdersi neanche qualora si perda una persona cara. La caducità della vita non è un male perché la morte è parte della vita. Il vissuto individuale è destinato a non cadere nel nulla, ma a vivere nella memoria di chi ci è vicino.

Leonardo ti è pesato dover rinunciare, in fase di montaggio, ad alcune scene che avevamo scritto e girato?

Credo sia un po’ inevitabile a volte dover tagliare scene anche importanti per sostenere la narrazione, del resto il montaggio consiste proprio nell’eliminare ciò che è superfluo. Ora però posso ammettere il mio timore che, a causa della complessità di coordinamento dei movimenti di macchina, del suono e della troupe non si riuscisse a realizzare la scena finale per come l’avevamo immaginata.

Leonardo cosa c’è di autobiografico e cosa ti rimarrà di questa esperienza?

Il film è ispirato al rapporto con mio nonno che come Ettore Toscano è un poeta. Oggi mi sento ancora più legato al film, specie dopo la recente perdita di Ettore, l’attore co-protagonista del cortometraggio. Dopo la sua scomparsa ho provato un senso di vuoto che non sono riuscito ad esternare a nessuno. Per una coincidenza inspiegabile ho letto una sua poesia a chiusura di una raccolta poetica che lui ci ha donato. Nella lirica si evincono i suoi modi schivi e mai compiacenti e il suo approccio al lavoro svolto sempre con passione e con viva partecipazione – Toscano non ha mai lavorato per motivi economici o per ambizione personale. Tutto ciò mi ha fatto ripensare alla nostra collaborazione così pregna di significato, e – come ci siamo detti – a quanto fossimo simili. Del maestro ricorderemo la sua volontà di mettersi sempre in gioco e il desiderio di trasmetterci la sua esperienza. Ettore lascia a tutti noi una grande eredità umana e artistica.

Gianluca un cortometraggio non ha bisogno di molte parole per descrivere in pochi minuti qualcosa di intimo. Tu, in qualità di co-autore della sceneggiatura e produttore mi hai incoraggiato a girare il prima possibile, sei stato sempre ottimista sulla riuscita del progetto o ci sono stati momenti difficili durante la lavorazione?

Il film nasce con un budget ridotto. Ciononostante siamo riusciti nell’impresa grazie al pieno coinvolgimento degli attori prima di tutto, e poi grazie alla serietà e alla professionalità di tutti i membri della troupe. Mi pare che i momenti più difficili siano stati quelli che hanno seguito le riprese, quando il film ha avuto bisogno del crowdfunding per riuscire ad essere completato e distribuito. Le ore sul set invece sono state felici e rimarranno alcuni dei ricordi più belli di ‘Dentro il mare’ che ci porteremo dietro con nostalgia. Ho sempre creduto nella riuscita del progetto ma avevo paura di dover rinunciare ad alcune cose importanti come il supporto di un montatore professionista e il budget per la distribuzione nei festival. Tuttavia siamo riusciti, grazie all’interesse che si è creato intorno al film, a completare il lavoro.

Leonardo Dentro il mare è un film indipendente per scelta o per necessità? Credi che sia adatto al grande pubblico?

Entrambe le cose, credo. Dopo un primo successo in fase di crowdfunding, il cortometraggio ha vissuto una fase distributiva non semplice, e ho dovuto appurare che la ricerca di un pubblico per un film come il mio che è minimalista e d’atmosfera sia tutt’altro che scontata. Mi sono confrontato con diversi addetti ai lavori, dai distributori, ai critici, agli organizzatori di festival, e tutti mi hanno fatto notare come il pubblico sia ormai abituato ad un tipo di cinema differente. Forse il cinema attuale ci ha spinto verso tematiche più esplicite che possano essere comprese su più ampia scala e che siano più chiaramente identificabili dal pubblico. Anche il cast, del resto, gioca un ruolo persino maggiore del tema proposto ma lavorare per una produzione significa scendere a compromessi. In fondo comprendo che non tutti siano in grado di apprezzare le sfumature della recitazione di attori come Toscano, Carlo delle Piane o Satta Flores. Per me però rimane una sfida quella di proporre un linguaggio studiato, e dei contenuti meno espliciti, cercando pur tuttavia di inserirmi nel contesto culturale nel quale oggi ci troviamo.

Il linguaggio del mio film ha una sua complessità, e richiede uno sforzo interpretativo da parte dello spettatore, ne sono consapevole. L’intento però fin dalle prime fasi della scrittura era quello di dare la possibilità al fruitore dell’opera di essere partecipe alla costruzione di senso, rifuggendo dal facile didascalismo di certo cinema contemporaneo. Del resto i grandi capolavori di Antonioni e Zurlini, i registi che amo, non sono stati ottenuti inseguendo il gusto del pubblico ma riuscendo a rielaborare e ad anticipare stili ed estetiche nuove.

Gianluca sei soddisfatto della visibilità del corto nei festival?

Il film ha ottenuto già una discreta visibilità attirando l’attenzione di molte persone tra le quali anche critici e giornalisti importanti. La vita del cortometraggio è però tutt’altro che conclusa, spero quindi che il film possa essere visionato ancora da molti altri spettatori attraverso i festival e le piattaforme di video on demand.

Leonardo come vedi il tuo futuro e il futuro del cinema indipendente in Italia?

Il mio prossimo cortometraggio, in pre-produzione, è ancora una volta frutto della collaborazione con te Gianluca e narra una vicenda intima e personale. Parla di un percorso di crescita che conduce un bambino a stringere una forte amicizia con un adulto gravemente malato. Il film ha già destato l’interesse di diversi addetti al settore perciò ho fiducia di poter continuare a lavorare in maniera indipendente per proporre il cinema che amo nonostante le difficoltà. Credo che anche il cinema italiano si stia aprendo molto a certe contaminazioni, basti pensare al successo che riscuotono i film dei fratelli D’Innocenzo, i fratelli De Serio, o la coppia Piazza-Grassadonia. Non so se sia l’influsso di Netflix o un fisiologico rinnovamento del sistema. In ogni caso guardo ogni cambiamento come qualcosa di estremamente positivo.

Simon