11.05.2017 – Le riflessioni del nostro inviato sul Bif&st che si è tenuto a Bari dal 22 al 29 Aprile 2017.

La penombra dei riflettori ormai spenti, dietro lo spesso velluto dei sipari calati, illumina ricordi e sensazioni di momenti vicinissimi ed insieme distanti che rigenerano, in un unico multiforme flusso di istantanee, le intense giornate della ottava (nona per i puristi) edizione del Bari International Film Festival,  tracciandone un ideale filo conduttore.

È da questo viaggio per immagini, immersivo e affascinante, che affiora il senso di una kermesse che anno dopo anno ha imparato a resistere al disfattismo con la forza della semplicità, con l’energia di chi opera unicamente per ridare dignità al cinema di casa nostra, troppo spesso ignorato o poco valorizzato, in favore di cinematografie vacue e ben più fracassone.

D’altro canto il cinema, nella sua accezione più alta trascende l’immagine decrittando il reale per lasciarci finalmente privi di schermi di fronte alle contraddizioni del nostro tempo nello stesso modo in cui per giungere a noi stessi è necessario osservarci negli altri.

Il Bif&st 2017, dedicato a Gassman e Risi, è stato soprattutto questo, una lente privilegiata sulle diverse Italie di oggi fatte di lavoro precario e inumano, integralismi, famiglie d’ogni sorta, conflitti sociali ed esistenze in chiaroscuro in una galleria di personaggi perfettamente fusi nei loro interpreti; penso tra gli altri a Daniele Parisi della rivelazione “Orecchie”, Valeria Bruni Tedeschi, Luca Marinelli e Sara Serraiocchi giustamente premiati, che rimarranno impressi nella nostra memoria collettiva.

Menzione speciale va poi alla Puglia, location tra le più richieste e splendida comprimaria di molte delle pellicole presentate nonché lirica ed assoluta protagonista de “la guerra dei cafoni”, interessante apologo sociale destinato al successo, anche internazionale, che ci restituisce intatto il fascino selvaggio del Salento incontaminato.

Il festival di Bari è davvero una strana creatura, uguale solo a se stessa, che meraviglia al pari tutti coloro che lo popolano, ospiti e spettatori, per via della sua totale empaticità col pubblico che vive senza filtri l’esperienza, quasi dal di dentro, con una naturalezza che non trova omologhi neppure nelle realtà festivaliere più blasonate.

È questa spontanea alchimia ad azzerare le distanze tra creatori e fruitori di illusioni e a spiegare il successo sempre crescente delle master class al teatro Petruzzelli, occasione unica per scoprire il volto umano e privato di alcune fra le personalità più rilevanti del mondo cinematografico italiano e non, fra gli altri quest’anno è stata la volta di Andrej Končalovskij, Fanny Ardant, Pupi Avati e Dario Argento, e dei focus con gli attori dei film in concorso ospitati nella suggestiva cornice del circolo Barion.

Al netto della immediatezza con cui tale convergenza di mondi viene vissuta da chi vi prende parte, far sì che questo avvenga con equilibrio non è semplice, di regola, infatti,  la ricerca del consenso affievolisce la tensione verso l’alto ma in questo caso il rischio è stato ampiamente superato grazie ad un sapiente mix di proposte, differenziate per utenza ed obiettivi, come dimostra, fra le altre, la fortunata rassegna collaterale dedicata al rapporto tra cinema e scienza, che ha accostato importanti esponenti della nostra comunità scientifica ai lavori naturalistici di Jacques Perrin o l’intera giornata dedicata a Gramsci.

Sbaglia, però, chi dovesse leggere in termini artisticamente autarchici questa ambizione costante del Bif&st verso una rinnovata centralità del nostro prodotto cinematografico; niente è più lontano dalle intenzioni degli organizzatori che al contrario, mai come quest’anno, complice la nuova presidenza targata Margarethe Von Trotta, hanno saputo realizzare una edizione così curiosamente cosmopolita da unire, all’interno del ritrovato panorama internazionale, l’Himalaya di Paskaljevic e l’Argentina nerissima di Caetano ad un’Europa filmicamente molto assortita che appare essere in strettissima connessione con certo cinema indie made in USA.

In otto giorni, dunque, si è compiuto un viaggio per immagini magico ed intrigante fra cinematografie lontane nel tempo o per latitudine e storie vicinissime che ci hanno restituito il senso di quello che siamo e che eravamo ed in filigrana, forse, di ciò che saremo. Tanta ricchezza val bene qualche disagio e persino qualche passo falso perché ciò che conta davvero è il desiderio puro di condividere con passione l’amore incondizionato per la settima arte.

L’edizione appena trascorsa, dunque, confermando il trend positivo degli anni passati certifica che questo festival è senza dubbio una irrinunciabile grande occasione: innanzi tutto per Bari che si trasforma, anche se solo per un istante, nel cuore artistico del paese, con una attenzione mediatica prima sconosciuta e la presentazione di opere altrimenti invisibili, poi per la stessa industria cinematografica che può finalmente contare su un canale di promozione nuovo di zecca, il pubblico, che con sincera passione accorre numeroso dimostrando che i sogni non passano mai di moda.

Il Bif&st, dunque, cresce e si evolve nel rispetto della sua identità ma guardando al futuro con occhi ambiziosi e colmi di speranza per un domani che possa vederlo sempre più rilevante rispetto alle scelte artistiche del paese e sempre più vetrina essenziale per attori produttori e registi e perché no anche per la nostra bella terra che rafforza di anno in anno il suo appeal e dunque la sua centralità.

Ad maiora semper!

http://www.bifest.it/

 Simon