18.03.2019 – Nei giorni scorsi è andato in scena presso il Teatro Kismet di Bari, nell’ambito della stagione di prosa del Teatro Pubblico Pugliese, lo spettacolo “Schiaparelli Life”, per la regia di Carlo Bruni, testo di Eleonora Mazzoni, con Nunzia Antonino e Marco Grossi. Produzione del Teatro di Dioniso, in collaborazione con Casa degli Alfieri  e Asti Teatro, scena di Maurizio Agostinetto, immagini in movimento di Bea Mazzone,  luci di Tea Primiterra, consulenza-costumi Luciano Lapadula, Vito Antonio Lerario e Maria Pascale.

“Schiaparelli Life” prende spunto dalla biografia della stilista italiana Elsa Schiaparelli (1890-1973), uno dei nomi più influenti della moda del Novecento, antagonista di Chanel, amica di Dalì e di tanti nomi illustri del mondo dell’arte, a cui si sentiva particolarmente legata.

Romana di nascita, aristocratica di famiglia, Elsa visse tra New York e Parigi ed ebbe una vita molto difficile, non le mancarono infatti delusioni, dolori e dispiaceri. Nonostante fosse stimata e apprezzata per i suoi modelli assolutamente rivoluzionari per l’epoca, ad un certo punto, intorno agli anni 50, la Schiaparelli decise di chiudere l’atelier francese e di ritirarsi a vita privata.
Fece questo però con lo stesso stile e lo stesso coraggio con cui realizzava i suoi modelli, scrivendo “Shocking Life”, la sua autobiografia.

Così nasce il delicato e coinvolgente spettacolo presentato dal Teatro di Dionisio, una riscrittura a cura di Elena Mazzoni, che prende le mosse dall’autobiografia della Schiaparelli, per aprire una porta sull’anima di Elsa. Un lavoro tutt’altro che narrativo che coinvolge lo spettatore, emozionandolo.

In un immaginario dialogo con un “maggiordomo” Elsa prepara una valigia e ci mette dentro tutta la sua vita. La valigia è però aperta affinchè lo spettatore possa osservarne il contenuto che caratterizza il racconto.
Spuntano così il cappello a forma di scarpa e il vestito con l’aragosta e assieme agli oggetti un turbinio di stati d’animo ed emozioni.

Sulla scena un letto che ricorda una gabbia, metaforicamente quella in cui, probabilmente, la Schiaparelli si ritrovò ad un certo punta segregata e da cui voleva disperatamente scappare, al punto di abbandonare l’unica ragione della sua vita, il suo lavoro, per inseguire il quale, anni prima, abbandonata incinta dal marito, dovette scegliere di far crescere Gogo, la sua figlioletta poliomelitica, lontana da lei in rinomati collegi.

Elsa Schiaparelli chiese alle donne di avere coraggio, di osare e lo fece con i suoi vestiti, cercando di farle uscire dagli stereotipi e dai condizionamenti in cui erano mentalmente chiuse. Se Chanel liberò i loro corpi dal corsetto, la Schiaparelli si occupò di alleggerire le loro teste, dimostrando che le cose non dovevano essere esattamente come apparivano ma, volendo, potevano essere diverse.

Dunque perchè allora una sciarpa doveva essere per forza messa al collo e una scarpa per forza al piede? Via i bottoni, avanti le zip che Mussolini definiva “chiusure adulterio”, via il nero di Chanel, avanti il rosa shocking della Schiaparelli fino ad usare anche il cellophane, il vetro e la plastica per le sue creazioni.

Vi lasciamo con uno stralcio del testo di questo magnifico spettacolo, ironico, riflessivo, assolutamente da vedere:

“Ma come posso spiegarti, Gogo, che la bellezza è sempre inconsueta ed eccentrica, perturbante e illogica, come l’incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio… E a volte è persino dolorosa, la bellezza, sfuggente e fluida, non imbalsamata in regole e categorie. Anzi, contraddice tutte le certezze. Va cercata, scovata, rintracciata, e ha bisogno di tempo, perché non è né evidente né manifesta, a tal punto è profonda. Anche se non può essere oscura, la bellezza, perché è chiara. È infuocata, ma non urla, non è scomposta. Non ha preziosità esteriori, è pregiata dentro. È semplice, e la presunzione la distrugge ma è inscindibilmente legata all’intelligenza. Non va di corsa, però la bellezza è veloce. Non rincorre e non trascina. Accompagna, sostiene, consola. È coraggiosa, esigente con sé stessa, mai brusca verso gli altri. È audace e amante del pericolo, la bellezza, e comprende, perdona, salva. Per sempre, perché lei, la bellezza, lei sì, è eterna.”
(dalla scrittura preliminare in forma di racconto di Eleonora Mazzoni)

Dalle note di regia:

Per un paio d’anni, sul primo isolato di via Garruba a Bari, hanno tenuto il loro fantastico bazar Atelier 1900, Luciano Lapadula e Vito Antonio Lerario. Esperti di storia della moda e stilisti, sono stati loro a farci conoscere Elsa ed è con loro che abbiamo incominciato il percorso verso il quarto ritratto femminile del nostro più recente repertorio. Per questa produzione, oltre alla collaborazione di un fotografo e scenografo, Maurizio Agostinetto, ci è sembrata felice la disponibilità di Eleonora Mazzoni, scrittrice, che, condividendo l’impresa, ci ha assistiti nella redazione del testo. L’attore Marco Grossi e la cartoonist Beatrice Mazzone hanno infine completato il gruppo dedito alla creazione.

www.teatropubblicopugliese.it

Manuela Bellomo