29.11.2021 – Si terrà sabato 4 dicembre 2021, alle ore 18, presso la Galleria D’Arte Spazio Art D’or a Bari, il vernissage della mostra My Name is East, My Name is West a cura di Davide Cufaro Petroni.

Presenterà l’evento il giornalista Antonio V. Gelormin, caporedattore di Affari Italiani.  L’esposizione, curata da Guido e Marina Corazziari fondatori dello Spazio Art d’Or, sarà visitabile fino all’8 gennaio 2022.

Dopo aver vissuto a Istanbul diversi anni, dove ha lavorato come pilota aereo per diverse compagnie turche, Davide ha voluto mettere su carta, attraverso il disegno, la millenaria dicotomia tra Est e Ovest dell’antica Costantinopoli, porta fra due mondi, laboratorio a cielo aperto di culture.

Visitare questa mostra sarà un dunque un viaggio dall’esterno all’interno, dai paesaggi di Istanbul alle emozioni dell’autore, avvolto dal misticismo della danza dei Dervisci.

Ho fissato per così tante volte i suoi contorni, i suoi mille profili, che adesso i miei ricordi sembrano filtrati attraverso di essi, come se fossero sogni realmente accaduti.

I suoi abitanti assorbono, bisognosi, una felicità quotidiana, riconoscendosi nelle curve della Grande Città e, come ansiosi e trepidanti, attendono il sollievo derivante dalla sua astrazione e simmetria, unendo questa complessa dualità, una volta nota al mondo sotto il nome di Costantinopoli.

Ogni singolo cittadino ha messo insieme ogni dettaglio e memoria personale, concernente la Città, solamente basandosi sul proprio istinto, al fine di sottolineare l’indissolubile legame esistente fra Istanbul ed i suoi residenti.

L’esperienza della Città, al tempo stesso frammentata e fluida, senza un centro, essendo al centro di sé stessa, fuggendo via da definizioni e costrizioni concettuali, come il Bosforo, sorgente perenne di speranza ed ottimismo, che offre salute e buon auspicio alla propria popolazione.

La dicotomia fra l’Est e l’Ovest: l’essere al centro per catturarne l’essenza, rimanendone in bilico, per conservare un costante, anche se precario, punto di vista.

Come un sole sorgente dalla fitta nebbia del mattino, riconoscibile da decine di miglia di distanza, Istanbul ha rappresentato un porto sicuro per tutti i naviganti che hanno perso la propria rotta.

Essa ha nuotato attraverso i secoli della storia per venirci a testimoniare lo splendore che l’umanità  è stata un tempo capace di creare, con l’inconsapevolezza del futuro, concedendo il privilegio di una sincera osservazione a coloro i quali, con il cuore e la mente aperti, liberi da qualsivoglia pregiudizio culturale, fossero curiosi di apprezzare le sue ombre e colori, le sue perenni brezze primaverili e le sue rive.

La meraviglia di navigare su e giù per le rive del Bosforo è di percepire il contrasto fra la libertà e la forza di un mare profondo, sicuro e dinamico, mentre ci si muove all’interno di una città ampia, antica ed al contempo negligente.

Se un giorno nefasto il cielo fosse caduto, le colline di Istanbul lo avrebbero sorretto senza defraudare i suoi abitanti del sapore della beautitudine di un’impacciata utopia celeste.

In precario equilibrio, fra sogno e realtà, facendo della sua non-appartenenza, l’essenza di una vita, proprio qui, fra l’etereo ed il concreto, fra un passato incurabile e sete di futuro, sottile filo di seta che tiene uniti due mondi che non potrebbero esistere l’uno senza l’altro, Istanbul rappresenta l’ultimo passo prima di un precipizio profondo, verso un aldilà di non luoghi e coscienze ancora da raccontare.

Come il Semazen (dervish), durante i suoi rituali, roteando sempre più vorticosamente, si abbandona gradualmente alla meraviglia di una nuova dimensione, ove oggetti e visioni si confondono, sperimentando una nuova pratica di estasi dell’animo, così gli abitanti di Istanbul tentano il loro sacro equilibrio danzando fra l’Est e l’Ovest. 

Per la necessità di essere, come i Semazen, transnazionali e transculturali, allo stesso tempo, essendo parte del passato e rispondendo ad un desiderio globale e moderno di fusione, partecipazione e condivisione, gli abitanti della Città recuperano il loro conforto quotidiano fra le scogliere del Bosforo: come un rimedio naturale alla miseria della vita, mantenendo viva quella infinita dicotomia fra un consapevole dolore per la grandezza perduta del passato e la consapevolezza di una beatitudine che solo loro sono in grado di estrapolare da una vista così sorprendente.

Il mio cuore palpitante brama l’Occidente quando sono in Oriente e l’Oriente quando sono in Occidente.”

Biografia

Davide Cufaro Petroni, classe 1981, figlio di insegnanti ed appassionati d’arte, nato a Bari, dove ha conseguito il diploma di liceo classico nel 2000.
Si scrive successivamente presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari, con indirizzo storico-politico, dove si laurea nel 2007.

Avendo fatto dell’aria, fin dalla sua infanzia il suo elemento primordiale, nel 2002 comincia a frequentare il corso per la Licenza di Pilota Privato ed approda nel 2005 a Vergiate (Varese) per il conseguimento della licenza di Pilota di Linea.

Nel 2009 si trasferisce a Istanbul, Turchia, dove intraprende la sua carriera di aviatore in Pegasus Airlines, per poi passare Sun Express nel 2011 ed, infine, in Turkish Airlines nel 2013 fino al 2016.

E’ proprio durante questi anni che sviluppa la sua coscienza artistica su Istanbul: alle prime armi in questo campo, auto pubblica nel 2010 il suo primo libro di poesie “Endless Path” e comincia disegnare i propri tatuaggi a tema per poi specializzarsi sugli scenari rappresentanti le coste del Bosforo dell’antica Costantinopoli.

A seguito dell’incidente nella miniera di carbone presso Soma (Izmir), nel 2014, il quale provocò circa 300 vittime, apre un progetto di carità per la raccolta fondi al fine di sostenere diciasette famiglie coinvolte nella tragedia; ed, a tal fine, organizza la sua prima mostra dal titolo “A Knapkin for Soma”  (“Un fazzoletto per Soma” proprio perché gli scenari venivano ritratti sui tovaglioli di carta) presso la Niş Art gallery sempre a Istanbul.

L’amore profondo per la cultura e la popolazione turca lo porta a viaggiare in motocicletta ripetutamente sulle coste del Mar Egeo, continuando a scrivere e disegnare di Istanbul per tutti gli anni a venire, arrivando a curare un progetto editoriale, tuttora in corso di realizzazione, proprio dal titolo “My name is, my name is West.”

Nel 2016 rientra in Italia definitivamente, arricchito dell’esperienza turca, comincia a lavorare per la Ryanair come copilota basato a Bari. Nel 2018 diventa comandante sempre per la stessa azienda, dopo una breve permanenza presso l’aeroporto di Ciampino per l’addestramento, per poi tornare nuovamente basato a Bari, sua città natia e dove attualmente continua a condurre la sua attività di volo ed artistica.

Nel 2020 si scrive nuovamente all’università presso la telematica di Benevento Giustino Fortunato, dove attualmente sta conseguendo la laurea triennale in scienze e tecnologie del trasporto aereo.

La mostra è patrocinata dal Consolato Generale della Repubblica di Turchia di Bari. La consulenza musicale è stata curata da Nabil Bey Salameh, leader dei Radiodervish.

Info:

Galleria D’Arte Spazio Art D’or

Via Melo, 188 – Bari

FB: https://www.facebook.com/Spazioartdorbari

Dal 4 dicembre 2021 all’8 gennaio 2022

Vernissage su prenotazione (spazioartdor@icloud.com) 4 dicembre 0re 18