20.11.2014 – Il 14 novembre scorso il “peso della farfalla” è stato misurato da Saverio La Ruina con La Borto presso il teatro Abeliano di Bari. E’ stato il secondo evento nell’ambito del progetto ideato ed organizzato da Clarissa Veronico ed Antonio De Mattia dell’associazione Punti Cospicui e che si pone quale preludio al festival delle Donne e dei Saperi di Genere, a sua volta, quest’ultimo organizzato dal centro Interdipartimentale di Studi sulle Culture di Genere dell’Università di Bari.

E’ facile intuire che trattasi di una pièce sul tema dell’aborto, di e con Saverio La Ruina. L’aborto, in realtà, qui è un evento per cui i protagonisti, le donne e gli uomini di un paese del meridione, calabrese, vengono rappresentati nel rapporto di subordinazione delle prime ai secondi. Viene raccontato di un rapporto in cui il genere femminile è privo di autodeterminazione e ridotto ad oggetto dell’altro genere che si preoccupa di soddisfare le proprie voglie senza preoccuparsi dell’esistenza della dignità di ogni donna. E così quando le preghiere delle stesse non arrivavano ad essere esaudite dall’Onnipotente Appellato e in tale rapporto di sottomissione rimanevano incinte, evidentemente per violenza, e non per Volontà, la disperazione era il sentimento che le portava a quella scelta estrema dell’interruzione di gravidanza, clandestinamente, e con tutte le probabili conseguenze derivanti da quegli interventi di altre operatrici di solidarietà femminile che sfociavano paradossalmente in dramma!

In questa situazione tragica la genialità e originalità dell’autore/attore/regista Saverio La Ruina, accompagnato dal musicista Gianfranco De Franco che dal vivo descrive gli stati d’animo, si apprezzano, più che nella crudeltà di certi “eventi senza vita, nel dipanarsi del racconto dell’attore che indossate le vesti di saggia donna, diventa affubalatore, come è tipico di quelle ormai rare donne del sud. In comprensibile lingua calabrese, la protagonista (Saverio La Ruina), racconta le tristi vicissitudini dell’essere donna identificata geometricamente dall’uomo, a volte con toni ironici e sarcastici, ma, incredibilmente, senza comunque scomporsi per esternare movimenti e azioni molto forti delle situazioni narrate. Ed ecco genialità e bravura: l’artista è riuscito a farci vedere le immagini, a sentire gli odori ad ascoltare le tante voci di quegli eventi, solamente liberando le parole che giungevano leggere alla nostra mente di spettatori e si posavano delicatamente sul nostro pensiero proprio come il volo impalpabile e delicato di una farfalla e pur tuttavia capace di trasformarsi in profonde riflessioni e domande sull’attualità dei diritti sopraffatti o inesistenti delle donne.

Ancor più geniale perché comunicateci da un uomo che, indossato il copro muliebre, ha mostrato elevata sensibilità alla debolezza del genere femminile e alla salvaguardia dei suoi diritti, fino ad identificarsi, e parlare ad altre donne e ad altri uomini sempre con tanta delicatezza. E’ il racconto e la sua modalità di estrinsecarsi, in un’atmosfera sacrale, che rende pregevole la pièce, assegnando così alla testimonianza raccontata una forza rivoluzionaria e vitale.

Credo poter dire a nome di tante donne, ma anche di tanti uomini, Grazie Saverio La Ruina!

Emilia Brescia