27.03.2018 – Come sempre diamo spazio tra le pagine del nostro giornale al messaggio dedicato a “La Giornata Mondiale del Teatro”, istituita a Parigi nel 1962 dall’International Theatre Institute (ITI) dell’UNESCO,  da una personalità della Cultura Mondiale per testimoniare le riflessioni vive sul tema del Teatro e della Cultura della Pace.

Quest’anno, in occasione del 70° ANNIVERSARIO dell’ITI  i messaggi sono cinque, uno per ogni area geografica del mondo:
Simon Mc Burney (Gran Bretagna – Europa)
Sabina Berman (Messico – Americhe)
Were Were Liking (Costa d’Avorio – Africa)
Ram Gopal Bajaj (India – Asia e Pacifico)
– Maya Zbib (Libano – Paesi Arabi)

Abbiamo pensato di dedicare un articolo ad ogni messaggio, a cominciare da oggi e per i prossimi giorni. Buona lettura e buon Teatro a tutti!

Riportiamo di seguito il messaggio di Maya Zbib (Libano – Paesi Arabi), regista, attrice, scrittrice teatrale e co-fondatrice della Compagnia di Teatro Zoukak.

“Si tratta di un momento di comunione, un incontro irripetibile, non riscontrabile in nessun’altra attività laica. Si tratta del semplice atto di un gruppo di persone, che sceglie di riunirsi nello stesso luogo e allo stesso orario per prendere parte ad un’esperienza di condivisione. Si tratta di un invito, per gli individui, a trasformarsi in un insieme, per condividere idee e concepire modi di dividere il peso di azioni necessarie … e recuperare lentamente la loro connessione umana, trovando somiglianze, piuttosto che differenze. È il luogo dove una determinata storia riesce a tracciare le linee dell’universalità … È qui che risiede la magia del teatro, dove la rappresentazione recupera le sue proprietà arcaiche.

In una cultura globale di paura incontrollata del prossimo, di isolamento e di solitudine, stare insieme, in maniera viscerale, in un “qui” e in un “ora”, costituisce un atto d’amore. Decidere di prendersi del tempo (lontano dalla gratificazione immediata e dell’auto-indulgenza individuale nelle nostre società consumistiche ad alto ritmo), rallentare, contemplare e riflettere insieme è un atto politico, un atto di generosità.

Dopo il crollo delle principali ideologie, e poiché l’attuale ordine mondiale sta dimostrando il proprio fallimento, decennio dopo decennio, come possiamo re-immaginare il nostro futuro? Dato che la sicurezza e la comodità costituiscono la preoccupazione principale e la priorità nelle dissertazioni predominanti, riusciamo ancora ad impegnarci in conversazioni scomode? Riusciamo ad andare verso territori pericolosi, senza la paura di perdere i nostri privilegi?

Oggi, la velocità delle informazioni è più importante della conoscenza, gli slogan hanno più valore delle parole e le immagini dei corpi sono più stimate della loro viva presenza. Il teatro è qui per ricordarci che siamo fatti di carne e sangue, e che i nostri corpi hanno un peso; è qui per risvegliare tutti i nostri sensi, e per dirci che non abbiamo bisogno di cogliere l’attimo e di consumarci solo con il nostro sguardo. Il teatro è qui per restituire alle parole potere e significato, per rubare di nuovo ai politici l’arte oratoria e ricollocarla nel suo luogo legittimo … l’arena delle idee e del dibattito, spazio di visione collettiva.

Attraverso il potere della narrazione e dell’immaginazione, il teatro ci consente nuovi modi di vedere il mondo e gli altri, aprendo un spazio per la riflessione comune in mezzo alla schiacciante ignoranza dell’intolleranza.
Quando xenofobia, discorsi di odio e supremazia bianca sono ritornati sul tavolo senza sforzi, dopo anni di duro lavoro e sacrifici da parte di milioni di persone in tutto il mondo, per rendere questi concetti vergognosi e qualificarli come inaccettabili … quando ragazze e ragazzi vengono sparati e incarcerati per aver rifiutato di assecondare le ingiustizie e la segregazione razziale … quando personaggi folli e il dispotismo di estrema destra governano alcuni dei principali paesi del primo mondo … quando la guerra nucleare incombe come un gioco virtuale tra gli “uomini-bambini” del potere … quando la mobilità diventa sempre più ristretta ad una minoranza selezionata, mentre i rifugiati muoiono in mare, cercando di entrare nelle alte fortezze dei sogni illusori, mentre vengono costruiti muri sempre più costosi … dove dovremmo mettere in discussione il nostro mondo, quando la maggior parte dei media sono venduti? Dove se non nell’intimità del teatro, siamo capaci di ripensare alla nostra condizione umana, per immaginare un nuovo ordine mondiale … in maniera collettiva, con amore e compassione, ma anche attraverso un confronto costruttivo, attraverso intelligenza, resilienza e vitalità.

Provenendo dalla regione araba, potrei parlare delle difficoltà che i produttori di teatro affrontano nel fare il proprio lavoro. Tuttavia, faccio parte di una generazione di produttori che si sente privilegiata per il fatto che i muri che dobbiamo distruggere sono sempre stati quelli visibili. Questa situazione ci ha portato ad imparare a trasformare ciò che è a disposizione, spingendo la collaborazione e l’innovazione oltre i limiti, facendo teatro nei sotterranei, sui tetti, nei salotti, nei vicoli e per le strade, creando il nostro pubblico in itinere, nelle città, nei villaggi e nei campi per i rifugiati. Abbiamo avuto il vantaggio di dover costruire qualsiasi cosa da zero nei nostri contesti e di concepire modi per evadere la censura, sempre oltrepassando le linee rosse e sfidando i tabù. Oggi, questi muri sono di fronte a tutti i produttori di teatro nel mondo, poiché i sovvenzionamenti non sono mai stati così scarsi e il “politicamente corretto” costituisce la nuova censura.

Di conseguenza, la comunità teatrale internazionale deve svolgere un ruolo collettivo, oggi più che mai, per fronteggiare questi muri, tangibili e intangibili, che continuano a moltiplicarsi. Oggi più che mai, c’è bisogno di reinventare creativamente le nostre strutture politiche e sociali, con coraggio ed onestà, per affrontare le nostre inadeguatezze e per prenderci le responsabilità del mondo che stiamo contribuendo a costruire.

In qualità di produttori di teatro del mondo, non seguiamo un’ideologia o un sistema di credenze, ma abbiamo in comune la nostra eterna ricerca della verità in tutte le sue forme, la nostra ininterrotta messa in discussione dello status quo, la nostra sfida ai sistemi di potere oppressivi e, ultima ma non meno importante, la nostra integrità umana.

Siamo tanti, non abbiamo paura e siamo qui per restare!”

Maya Zbib   

Traduzione a cura del Centro Italiano dell’International Theatre Institute.

https://www.iti-worldwide.org/

Foto: web.