29.04.2016 – Calato il sipario sulla edizione 2016 del Bif&st, giunge il tempo dei bilanci e di una analisi, lontana dal turbinante ritmo festivaliero, che ci restituisca l’essenza di una kermesse, ideata e diretta con passione da Felice Laudadio ed oramai entrata a buon diritto fra i più rilevanti appuntamenti culturali pugliesi. Innanzi tutto è bene precisare, per rischiarare il campo da dubbi d’ogni sorta, che il Bif&st, al netto delle sue evidenti difficoltà, continua a crescere nel cuore e nell’immaginario di una città che ormai non può prescinderne, come testimoniano le presenze di un pubblico in costante ascesa che anche quest’anno ha affollato numeroso le sale teatro dell’evento. Un’audience, quella del Bari International Film Festival, tanto assidua da accettare ed assolvere anche tutte le venialità di cui è ingenuamente pervasa la manifestazione e che nel contempo la connotano rendendola un prodotto unico nel panorama nazionale, capace di unire e riassumere in sé lo charme dell’irraggiungibile fabbrica dei sogni alla schiettezza di un approccio umanissimo e quantomai immediato con l’arte cinematografica.

Numerosi i momenti di questa settima edizione, ottava per dirla tutta, a restare scolpiti nella memoria collettiva: la grandiosa lectio teatrale di Toni Servillo, asciutta e sagacemente austera come la sua persona gentile, il glam svagato di Ornella Muti, la sardonica levità di Paolo Virzì, la pugliesità dandy di Sergio Rubini, l’eleganza ritrosa di Laura Morante, la sincera commozione di Pif. Ma su tutti i più presenti sono il Presidente emerito Ettore Scola e Marcello Mastroianni, riuniti da un beffardo destino eppure vivi più che mai, attraverso gli occhi ed il cuore di chi li ha amati e conosciuti e soprattutto le pellicole che li hanno consacrati a stelle di prima grandezza dell’intero firmamento filmico mondiale.

Nessuno potrà dimenticare, inoltre, la vibrante vitalità della pugliese Cecilia Mangini, coraggiosa pioniera del documentario italico e fotografa straordinaria, che, mediante i suoi corti e la mostra fotografica a lei dedicata, ha fermato per un istante la sterile liquidità del nostri tempi conducendoci vicinissimi all’essenza della vita. Tantissimi, ovviamente i film presentati ed apprezzati, dai più recenti successi di autori affermati come Sorrentino, Garrone e Moretti, al sorprendente “Per amor vostro” di Gaudino, alle rivelazioni premiate “Non essere cattivo” e “Perfetti Sconosciuti”.

Si giunge, così, alla sezione che storicamente riserva più sorprese, quella delle opere prime e seconde, che tra diverse proposte interessanti come “La Macchinazione” e “Banat -Il viaggio” , ha visto il trionfo dell’atipico cult-supereroico “Lo chiamavano Jeeg Robot” e dell’intimo “L’attesa”, un toccante e sincero apologo dell’elaborazione del lutto pervaso da rarefatto lirismo.

Tra le molteplici nuove proposte presentate in concorso sicura menzione meritano il premiato “Plastic Cardboard Sonata” e l’innovativo “Senza lasciare traccia” che, pur profondamente diversi tra loro, condividono le atmosfere angosciose e stranianti.

Di sicuro interesse, infine, anche la collaterale rassegna Red Scare Black List che, attraverso una selezione di film (s)visti e troppo in fretta dimenticati, ha squarciato il velo su un periodo spesso ignorato della Hollywood classica eppure di fondamentale importanza prodromica rispetto all’odierna industria cinematografica americana: il maccartismo e la caccia alle streghe.

Discorso a sé meritano invece le proiezioni gratuite, tutte splendide ed alcune davvero rare, anche se nei fatti difficilmente conciliabili con qualsivoglia altro evento, per via dell’imposto ritiro dell’ingresso un’ora prima dello spettacolo, metodo che ha destato non poche perplessità nel pubblico e che forse dovrebbe essere ripensato.

Come sempre, poi, a latere della competizione ufficiale, ogni sera il teatro Petruzzelli ha ospitato le anteprime internazionali spaziando tra generi, paesi e cinematografie e consentendoci di ammirare in anticipo titoli di cui sentiremo presto parlare, come ad esempio l’importante e dolente “Les innocentes (Agnus Dei)” di Anne Fontaine.

Un programma, dunque, quello del Bif&st appena trascorso, che nonostante la vistosa mancanza del panorama internazionale, già promesso per la prossima edizione, si è dimostrato talmente ricco ed articolato da non poter essere seguito interamente.

Ciò che resta, dunque, del Bari International Film Festival 2016 a riflettori spenti è l’immagine di una scommessa vinta in ogni senso: in primis il festival ha vinto su se stesso dimostrando di essere una creatura in grado di camminare anche senza il suo grande padre ispiratore; in secondo luogo esso ha vinto sulla diffidenza di chi non avrebbe dato ancora spazio ad una manifestazione considerata per “pochi” appassionati ed invece rivelatasi di moltissimi; ed infine ha vinto sulla crisi economica e sulla naturale stretta dei finanziamenti dimostrando che la passione muove più del danaro. Insieme al festival naturalmente vive di linfa nuova Bari e la Puglia tutta, per nove giorni trasformata in casa del cinema e delle star e ben lontana dall’ordinario torpore intellettuale che normalmente contraddistingue ogni provincia dell’impero.

Nessuno dunque tocchi il Bif&st! À la prochaine fois!

http://www.bifest.it/

Simon

Foto di Rosaria Pastoressa 

Videomontaggio di Paolo Cilfone