18.12.2013 – E’ la Storia di Anna Politkovskaja: giornalista russa che parla, rectius, scrive della guerra russa, della guerriglia cecena e dei loro rapporti; di come problematicamente trascorre la vita quotidiana di una giornalista, la sua, in Cecenia dove nella piazza vi è una testa appesa, dove l’odore di carne bruciata, simile a quella dei polli della zia, non è quella di uomini, ma di ceceni.

Di Quella zona dell’est dove tutti, russi e ceceni stuprano facendo a gara a chi ne fa di più; dove non c’è il reato di stupro e dove una donna violentata diventa impura e viene allontanata da tutti anche da marito e famiglia; dove un ufficiale russo vuole incontrare la giornalista e torturarla fino a non farla più sentire di appartenersi sol perché non ha preso posizione per lo Stato Russo! Giornalista torturata fino a farla sentire colpevole, nella propria coscienza, di aver ucciso anche lei persone; in che modo?

Scaricandole il peso delle rivelazioni da lei rese pubbliche: già, sebbene lei si sia limitata a fare il proprio lavoro con determinazione riportando quanto dalle vittime le era stato raccontato, ebbene, orrore, i russi han pensato bene di uccidere prima chi ha parlato liberamente e successivamente far ricadere colpa di quelle fatali esecuzioni sulla coscienza della giornalista: quella giornalista che non prende posizione per lo stato russo, ma prende posizione per la verità di tutti colori che sono morti e come lei erano non rieducabili, irriducibili.

La scenografia in cui si svolge il racconto di vita di Anna è realizzata egregiamente con arpeggi dal vivo eseguiti da Augusta Giraldi su composizione di Floraleda Sacchi; mentre su queste essenziali, ma piene, scenografie la sig.ra Piccolo con la stessa passione e bravura della giornalista esprime con sobria eleganza, per un’ora e mezza, i sentimenti, le paure e le emozioni della stessa Anna: donna di verità che ha fatto proprio il messaggio rivoluzionario già del cristianesimo: affermazione di verità fino a morirne a morirne!

Con la scelta di interpretare il testo di Stefano Massini la Piccolo si vuol porre in continuità con il lavoro della giornalista ma utilizzando il testo scritto che diventa parola e poesia; esigenza di civiltà impone continuità con entrambe, Anna e Ottavia, scrivendo di loro e della loro verità: cercare di far rivivere ciò che lo stato russo ha voluto, con torture, far morire e soprattutto, seppellire, impedendo la conoscenza della verità storica fra Russia e Cecenia e la denuncia dei crimini di guerra.

Emilia Brescia